Editoria

"La Geriatria potrà salvare gli Ospedali italiani". Si tratta di un’ipotesi irragionevole?

24.04.2018
Sigot

Prof. Massimo Palleschi



Comprendo le perplessità che può destare il titolo di questo Editoriale, soprattutto nel contesto di una Sanità sempre più rivolta al progresso scientifico, ad approcci metodologici che si richiamano a dati quantitativi e riproducibili e sul piano clinico a gestioni che seguono le Linee Guida, basate sull’evidenza o in altri termini su “prove provate”.
Resta comunque difficile gestire la Sanità in maniera soddisfacente, se non si presta grande attenzione al problema degli anziani, tenendo presenti le indicazioni provenienti dagli esperti del settore.

Il ruolo dei malati anziani nell’ambito delle politiche sanitarie

La Clinica e l’Epidemiologia delle malattie degli anni duemila confrontate con quelle degli anni cinquanta presentano una profonda diversificazione.
Se si analizzano le principali cause di morte a distanza di un cinquantennio, si rileva, per citare un solo aspetto, la crescita imponente delle cause di morte dovute ai tumori e il ridimensionamento (in alcuni casi l’azzeramento) di quelle provocate da malattie infettive.
Più in particolare nel 1950 le malattie infettive erano responsabili della mortalità generale per il 19,2%,mentre oggi ne costituiscono lo 0,7%, le malattie cardiovascolari sono passate dal 7,2% al 42,3% e le neoplasie dal 2,5% al 29,5%.
Questi brevissimi ricordi epidemiologici ci aiutano a comprendere come la Clinica sia profondamente cambiata.
Infatti attualmente predominano le malattie croniche e non solo per effetto dell’invecchiamento della popolazione, ma per il fatto che i grandi progressi della Medicina ed in particolare della Terapia sono stati più vistosi nel settore delle malattie infettive.
Potremmo dire, esasperando il concetto, che l’atto medico prima tendeva a guarire le malattie, mentre adesso è rivolto a curare il meglio possibile malattie che durano tutta la vita.
Un ruolo del tutto nuovo, e sempre più preponderante, è svolto dai soggetti anziani sulla sostenibilità economica della Sanità.
La spesa sanitaria è destinata ad aumentare ulteriormente in tutti i Paesi avanzati per due ragioni fondamentali:

  1. Lo sviluppo delle alte tecnologie (in ambito diagnostico e terapeutico);
  2. L’aumento degli anziani nella popolazione che comportano un incremento dei bisogni sanitari e della spesa.

Gli anziani incidono in maniera rilevante sulla spesa sanitaria anzitutto con il maggior ricorso ai ricoveri ospedalieri.
E’ noto che una quota rilevante della spesa sanitaria è costituita dai ricoveri ospedalieri. Abbiamo assistito ad un costante incremento dei ricoveri degli anziani e più in particolare ad un altissimo numero di accessi ospedalieri di pazienti ultraottantenni, affetti da polipatologia, vulnerabili, predisposti alle complicazioni e ad un recupero più lento e difficoltoso.
Si fa presente che attualmente circa il 60% dei ricoveri sono determinati da malati ultra65ni. Alcune casistiche danno percentuali minori, del 40-50%.
La variabilità delle statistiche è in relazione ad un numero consistente di fattori, ma in questo caso prevale la diversa metodologia che fa riferimento al numero di accessi ospedalieri od invece al numero di giornate ospedaliere.
Infatti è noto che i malati anziani, in qualsiasi reparto siano ricoverati, hanno una durata della degenza significativamente più elevata, indipendentemente da eventuali carenze socio-assistenziali.
Pertanto è evidente che è ben diversa la percentuale dei malati anziani sul totale della popolazione ospedaliera, se si calcola la loro frequenza al momento del ricovero (accesso al PS) od invece in un qualsiasi momento di una giornata di degenza o come numero complessivo di giornate ospedaliere.
Anche il consumo dei farmaci è strettamente legato alla quota degli anziani nella popolazione complessiva, essendo loro i maggiori fruitori della farmacoterapia (oltre il 50% della spesa farmaceutica), a fronte di una prevalenza di anziani di poco superiore al 20%.
Gli anziani incidono in maniera cospicua sulla spesa sanitaria non solo per l’incremento dei ricoveri ospedalieri e per il maggior consumo dei farmaci, ma per gli enormi oneri socio-assistenziali riferibili ai soggetti con grave compromissione dell’autonomia.

Il problema dei malati anziani nell’ambito dell’organizzazione ospedaliera

Se si visita una corsia ospedaliera, è ancora facile trovarsi di fronte a malati che giacciono sui letti con le sbarre di protezione, malati con un raccoglitore di urine perché sottoposti a cateterizzazione vescicale, pazienti confusi perché trattati con dosi generose di sedativi.
In sostanza il volto degli Ospedali è cambiato radicalmente per il prevalere di malati molto anziani e compromessi funzionalmente. E’ un grave errore però ritenere che la maggior parte di questi pazienti essendo dei “cronici”, potrebbe essere curata ed assistita in strutture sanitarie extraospedaliere.
I pazienti che si rivolgono all’Ospedale per un ricovero, sono per la maggior parte anziani in gravi condizioni (codici rossi).
Infatti le patologie cronico-degenerative da cui è affetta una quota significativa della popolazione anziana, la espongono a complicazioni, gravi riacutizzazioni e a malattie intercorrenti acute che impongono spesso un ricovero ospedaliero di urgenza.
L’aspetto però che più spesso viene sottaciuto o scarsamente compreso è rappresentato dal fatto che lo spettacolo indecente (indecente perché almeno in parte evitabile) di numerosi malati anziani in condizioni funzionali gravemente compromesse, è dovuto non solo alla presenza di malattie invalidanti, ma alla carenza di un’impostazione clinico-assistenziale adeguata alle peculiarità di questi pazienti.

I malati anziani tra ospedale e territorio

Per una razionale assegnazione del malato anziano alla rete assistenziale ospedaliera o a quella territoriale, sono necessari numerosi elementi di valutazione che riguardano le caratteristiche dei pazienti e le disponibilità assistenziali.
E'nota l’esigenza di ridistribuire le risorse del settore sanitario, privilegiando quelle destinate al cosiddetto territorio,anziché all’ambito ospedaliero.
Le ragioni di una tale tendenza sono conosciute ed hanno generalmente una buona dose di validità, ma non possono annullare le notevoli perplessità che derivano dall’analisi della situazione ospedaliera attuale.
Fa parte della quotidiana cronaca nera sanitaria l’osservazione di malati,spesso anziani,quasi sempre gravi, che giacciono su barelle nei dipartimenti di emergenza negli Ospedali, perché non vi sono posti letto sufficienti nei reparti.
La valutazione del numero medio dei posti letto necessari non tiene nel dovuto conto che vi sono ancora ospedali e reparti con posti letto scarsamente utilizzati. Pertanto pur essendo la dotazione globale di posti letto sufficiente o addirittura superiore agli standard previsti, in numerosi Ospedali soprattutto delle grandi città, vi sono continue emergenze dovute alla mancanza effettiva di posti letto.
D'altra parte la medicina territoriale non è dotata di un buon grado di qualità gestionale.
L’ADI (Assistenza Domiciliare Integrata) che tante speranze aveva suscitato in noi Geriatri e che tuttora riteniamo sia uno dei capisaldi dell’assistenza all’anziano, molto spesso non svolge completamente le funzioni che le spettano.
Basta valutare criticamente il termine “integrata”, per comprendere che ci troviamo in un sistema pieno di criticità, di contraddizioni e di irrazionalità.
Si dice spesso che l’integrazione è scarsa, non essendovi un collegamento sufficiente tra istanze mediche e sociali del paziente anziano.
E'un'analisi non realistica, privilegiata da persone che ignorano la realtà sanitaria.
L’integrazione manca non solo tra ambito medico e sociale, ma tra le diverse figure sanitarie coinvolte nei singoli casi clinici.
La mancata integrazione tra le varie competenze mediche è stata la causa fondamentale del fallimento dei dipartimenti così come erano stati inizialmente concepiti cioè come istituzioni ospedaliere in grado di coordinare ed utilizzare al meglio tutte le competenze mediche.
I dipartimenti sono stati reintrodotti in epoca successiva su tutt’altra base, soprattutto come centri di razionalizzazione economica.
Sempre in ambito di scarsa integrazione, è necessario sottolineare quella tra misure specifiche riabilitative (di competenza del Servizio di Riabilitazione) e le misure antiinvalidanti di carattere squisitamente geriatrico.
La carenza di integrazione medica e sociale si osserva anche nell’assistenza domiciliare. Al di là della difficoltà di realizzare un’integrazione medica e sociale, l’assistenza domiciliare svolge il suo scopo fondamentale non tanto riducendo i ricoveri ospedalieri, quanto migliorando la qualità di vita dei malati anziani ed assicurando un prezioso supporto alle famiglie provate da un onere assistenziale difficilmente sostenibile.
Persino in Canada che ha un’assistenza domiciliare tra le migliori del mondo, un ampliamento ed ulteriore valorizzazione dell’ADI ha svolto effetti positivi, ma non ha comportato una effettiva e significativa riduzione dei ricoveri ospedalieri.
In sostanza si ritiene esagerato il riferimento alle possibilità vicarianti dell’ADI con il ricovero ospedaliero. Non solo, ma anche la riduzione della durata della degenza ospedaliera rappresenta un obiettivo razionale delle opzioni sanitarie, ma deve essere intesa correttamente nei suoi limiti, nel senso che in età avanzata in numerosi casi la degenza deve essere prolungata, anche quando non vi è alcuna difficoltà assistenziale da parte dei familiari. Un esempio potrà essere utile per meglio puntualizzare questa impostazione. Se un uomo di 40 anni con miocardiopatia dilatativa va incontro ad un edema polmonare acuto, spesso sono sufficienti 2-3 giorni di gestione ospedaliera per chiarire i vari problemi diagnostici correlati e per fare uscire il paziente da ogni emergenza.
Molto diverso è il caso di un paziente di 85 anni che si ricovera in Ospedale per edema polmonare acuto. Questo malato, pur superando l’edema polmonare acuto, essendo affetto anche da diabete mellito, da broncopneumopatia cronica ostruttiva, da ipertensione arteriosa, da fibroadenoma della prostata, da postumi recenti di frattura del femore (tanto per fare un esempio di frequentissima polipatologia), rimane spesso un malato grave, con problemi clinici e gestionali acuti, vicini all’emergenza.
Di fronte ad un malato di questa tipologia, è impensabile prevedere una degenza di 2-3-4 giorni o il trasferimento in un reparto di lungodegenza. E’ necessario che il paziente venga seguito semiintensivamente per numerosi giorni e appena uscito da condizioni così critiche, si può iniziare a programmare un ritorno a casa.
In sostanza l’assistenza domiciliare e più in generale l’organizzazione sanitaria territoriale potrà essere molto utile, ma non potrà comportare oltre determinati limiti una riduzione delle strutture ospedaliere. Quando dai mass media vengono segnalati gli orrori assistenziali dovuti alle carenze dei dipartimenti di emergenza, non si segnala adeguatamente il fatto che i posti letto nei dipartimenti di emergenza sono gravemente carenti perché i malati spesso vengono smistati nei reparti con enormi ritardi essendo carenti di numero anche i posti letto ordinari. Ancora meno viene stressato il rilievo che il carico assistenziale ed il disagio vengono aumentati da un incremento della disautonomia, dall’invalidità dei pazienti anziani fragili resi così vulnerabili e difficili da assistere non solo dagli episodi morbosi acuti, non solo dalla patologia cronica invalidante di base, ma da un’assistenza inadeguata, non specialistica, non di carattere geriatrico, come verrà analizzato nel successivo paragrafo.
Il ruolo delle unità operative di Geriatria nell’ambito dell’organizzazione ospedaliera Gli anziani ed i grandi anziani sono i maggiori fruitori del Servizio Sanitario Nazionale ed in particolare degli Ospedali.
Il dato che è meno conosciuto è il rapporto tra gravità ed acuzie da una parte ed età dei malati dall’altra. E’ molto diffusa infatti l’idea che le emergenze cliniche siano appannaggio soprattutto della popolazione giovane e adulta, mentre nel vecchio sia di gran lunga prevalente la patologia cronica invalidante.
La realtà è molto più articolata e può essere significativo al riguardo il seguente dato: si è calcolato che in Pronto Soccorso gli ultra 65ni rappresentano più della metà di tutti i codici gialli e rossi, cioè di tutte le urgenze gravi1.
In sostanza la stragrande maggioranza di quanti richiedono un ricovero ospedaliero è costituito da soggetti molto vecchi, in grave pericolo di vita, bisognosi di terapie urgenti e allo stesso tempo di strategie antiinvalidanti per non incorrere in ulteriori tracolli funzionali.
Il ricovero in Ospedale rappresenta comunque un momento critico per il paziente anziano, ma l’approccio di tipo geriatrico, rispetto a quello medico tradizionale, ha dimostrato con evidenze scientifiche internazionali, di produrre migliori outcome funzionali, a parità di costi2-5.
I vantaggi di una gestione di tipo geriatrico per il malato anziano ricoverato in Ospedale sono numerosi e comprendono non solo il grado di compromissione funzionale.
Recentemente Ellis e coll.6 hanno confermato una maggiore sopravvivenza ed una più frequente permanenza nel proprio domicilio a distanza di un anno da un ricovero ospedaliero nei pazienti che erano stati trattati con metodologia geriatrica.
Anche in ambito chirurgico il contributo del Geriatra si è dimostrato prezioso. E’ stato autorevolmente raccomandato (7) che all’ingresso in Ospedale dei pazienti chirurgici dovrebbe essere disponibile un inquadramento geriatrico routinario come parte integrante dei percorsi ospedalieri di cura.
Purtroppo si hanno enormi resistenze a recepire la realtà esistente. Negli ultimi anni si è assistito, nonostante una diminuzione dei ricoveri totali al DEA, ad un costante e rilevante incremento dei ricoveri degli ultra 80ni che costituiscono la fascia di popolazione di gran lunga prevalente dei ricoverati di Medicina d’urgenza.
Per questi motivi devono essere previsti in ospedale servizi di emergenza e allo stesso tempo percorsi antiinvalidanti che si avvalgono sia di competenze riabilitative specifiche, sia di strategie clinico-assistenziali di natura squisitamente geriatrica.
In questo contesto l’integrazione delle strutture ospedaliere con i servizi territoriali dovrà riguardare soprattutto pazienti anziani, scarsamente autosufficienti, trasferibili in strutture assistenziali per essere “riabilitati”. E’ necessario saper valutare sempre questa esigenza e distinguerla da un obiettivo prevalente od esclusivo di tipo custodistico. Un “semplice” e “brutale” trasferimento non è il migliore esempio di una integrazione sapiente ed articolata. La stessa difficoltà di molti istituti di riabilitazione che accolgono i malati provenienti da un ospedale di dimetterli dopo un adeguato periodo di cura, è indicativa dell’ipotesi che il bisogno prevalente di quei pazienti era di carattere assistenziale.
I bisogni andrebbero tutti analizzati e soddisfatti, ma l’integrazione non significa confondimento dei vari problemi e delle diverse esigenze.
La difficoltà alle dimissioni da parte di molti reparti ospedalieri non dovrebbe mai incidere sul destino dei malati anziani ed in particolare sull’eventuale invio ad una struttura per lungodegenti che spesso si risolve in una permanenza definitiva fuori dalla propria casa.

Prospettive e considerazioni conclusive

Nel tentativo di ottimizzare la gestione dei malati anziani che sempre più spesso si rivolgono al Pronto Soccorso degli Ospedali, sono stati elaborati alcuni percorsi assistenziali con l’obiettivo di identificare precocemente i soggetti fragili, cioè quelli più vulnerabili e maggiormente predisposti a complicazioni di varia natura e soprattutto a tracolli funzionali. La tempestiva individuazione dei soggetti più esposti e la migliore conoscenza dei risultati relativi a diversi percorsi assistenziali potrà essere utile per una più razionale gestione di questi malati.
Tra le iniziative recenti segnalo l’esempio della Regione Lazio. La Direzione Regionale Sanità e Politiche Sociali di questa Regione (Area Programmazione Ospedaliera) ha promosso una indagine conoscitiva della durata di sei mesi rivolta ad acquisire elementi utili per assegnare un percorso assistenziale maggiormente rispondente alle esigenze di questi malati.
Sono coinvolte le unità operative complesse di Geriatria dell’Ospedale S. Eugenio e dell’Azienda Ospedaliera S.Giovanni Addolorata di Roma, dirette rispettivamente dal dott. Giovanni Capobianco e dal dott. Lorenzo Palleschi, che si avvalgono di un semplice strumento operativo di identificazione precoce della fragilità.
Dai risultati di queste e di altre indagini potranno essere dedotti elementi per ulteriori conoscenze, ma già da ora sulla base dei pareri degli esperti e dei dati della letteratura scientifica internazionale, si può concludere che il ricovero ospedaliero dei grandi vecchi è un passaggio critico, con il rischio di un peggioramento funzionale, soprattutto in carenza di metodologia assistenziale specifica e mirata. E’ per questi motivi che risulta sempre più ineludibile l’esigenza non solo di mantenere, ma di incrementare e valorizzare i reparti e i servizi ospedalieri di Geriatria. D’altra parte le modificazioni demografiche dovute all’aumento dell’aspettativa di vita e alla riduzione della natalità, insieme alle variazioni nella epidemiologia delle malattie croniche invalidanti impongono una rilevante riorganizzazione del SSN che tenga conto dei rilievi riportati.

Bibliografia

  1. Palleschi L.: Codice d'Argento, Accogliere e curare la persona anziana nell’area dell’emergenza-urgenza. CESI Edizioni, Roma,2009.
  2. Baztan J.J., Suarez-Garcia F. M.: Effectiveness of acute geriatric unit on functional decline, living at home, and case fatality among older patients admitted to hospital for acute medical disorders: meta-analysis. BMJ 2009;338:B50. DOI: 10.1136/bm J.b50. Rewiew.
  3. Van Craen K., Braes T., Wellens N., Denhaerynch K., Flamaing J., Moons P., Boonen S., Gosset C., Petermans J., Milisen K. : The effectiveness of impatient geriatric evaluation and management units: a systematic review and meta-analisis. J Am Geriatr Soc 2010;58:83-92.
  4. Ellis G., Whitehead M. A., Robinson D., O’Neill D., Langhorne P.: Comprehensive geriatric assessment for older adults admitted to hospital meta-analysis of randomized controller trials. BMJ 2011;343:D6553.
  5. Tarazona Santabalbina FJ., Rubenstein LZ.: Comprehensive geriatric assessment in the XXI century. Rev Geriatric Gerontol 2014, doi:10.1016/j. regg.2013.08.003.
  6. Ellis G., Gardner M. Tsiachristas A., langhorne P., Burke O., Harwood RH, Conroy SP., Kircher T., Somme D., Salvedt I., Wald H, O’Neill D., Robinson D., Shepperd S.: Comprehensive geriatric assessment for older adults admitted to hospital (Review) Cochrane Database of Systematic Reviews 2017, issue 9, Art. No.:CD006211. DOI: 10.1002/14651858.CD006211.pub3.
  7. http:www.ncepod.org.uk/2010 report 3/downloads/EESEfull Report.pdf