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“Dalla cura al prendersi cura”: Anziani, l'assistenza è a domicilio in meno di 3 casi su 100

20.07.2017
Sigot










Nei giorni 11 e 12 luglio si è fatto il punto, presso il Ministero della Salute a Roma sulla situazione dell’assistenza domiciliare ai pazienti anziani in Italia.

Questi dati nascono da un’indagine condotta da Italia Longeva, network scientifico composto dal ministero della Salute, dall'Istituto Nazionale Riposo e Cura Anziani e dalla Regione Marche, dedicato all’invecchiamento attivo e in buone condizioni di salute. In Italia sono circa 370mila i pazienti over 65 ad essere assistiti a domicilio, a fronte dei circa tre milioni di persone che ne avrebbero bisogno. L'indagine ha valutato l'organizzazione dei servizi di assistenza a domicilio in dodici Aziende Sanitarie di undici Regioni italiane, da Nord a Sud, per un bacino di utenza di 10 milioni e mezzo di persone. La copertura dell'assistenza rilevata è pari al 2,7% degli anziani fragili o con patologie croniche. Il servizio offerto, inoltre, varia molto da ASL ad ASL: prestazioni, ore dedicate a ciascun assistito, natura pubblica o privata degli operatori e costo pro capite dei servizi. Pur essendo l’alternativa più efficace ed economicamente sostenibile all’attuale modello che ruota attorno all’ospedale, l’assistenza domiciliare per la cura a lungo termine degli anziani fragili o con patologie croniche ad oggi è dunque un privilegio nel nostro Paese, se pensiamo che in alcuni Stati del Nord Europa sono assistiti in casa il 20% degli anziani. Il Professor Roberto Bernabei, illustra come è nata l’iniziativa “Italia Longeva” di cui è presidente: la necessità di trovare un luogo alternativo all’ospedale per la cura dei pazienti anziani con patologie croniche, sforzo che si sostanzia anche nel dibattito animato da questi Stati Generali della Long Term Care. Dall’indagine emerge poi un’organizzazione dell’assistenza domiciliare del tutto disomogenea nelle diverse aree d’Italia. Su un totale di 31 attività, quelle a più alta valenza clinico-assistenziale, erogabili a domicilio, all’interno del campione analizzato, solo le Asl di Salerno e Catania le erogano tutte, seguite dalla Brianza e da Milano. Non mancano aree del Paese in cui l’assistenza domiciliare non esiste affatto. Ci sono poi differenze macroscopiche nel numero di ore dedicate dalle ASL a ciascun paziente: si va, per esempio, dalle oltre 40 ore annuali della Asl di Potenza alle 9 ore di Torino. Questa fotografia evidenzia come l’Italia non ha ancora dato una risposta univoca, né ha individuato un modello condiviso, per la gestione della più grande emergenza demografica ed epidemiologica del presente e del futuro. Inoltre sul territorio sono differenti anche le organizzazioni dei servizi, con il ruolo dei privati che va dal 97% di Milano allo 0% di Reggio Emilia o della Provincia Autonoma di Bolzano. A tale evento ha partecipato anche il Consigliere Nazionale SIGOT Giovanni Battista Bochicchio Direttore Generale della ASL di Potenza. La regione da lui rappresentata si presenta in controtendenza rispetto alle altre. La Basilicata infatti è una delle poche regioni ad aver attuato un modello unico ADI per i 67000 utenti all’anno seguiti, di cui il 6% ultrasessantacinquenni, praticamente il doppio del livello nazionale. Nel territorio lucano infatti da tempo è in atto come spiega il dott. Bochicchio «una partnership pubblico-privata in cui la Asl gestisce il percorso ex ante e gli esiti dell’assistenza, valutando così anche la qualità delle prestazioni della cooperativa che effettua l’ADI». A gestire questo servizio nella regione è la cooperativa sociale Auxilium, il cui responsabile dell’assistenza domiciliare integrata Franco Montingelli prova a spiegare la 'ricetta' vincente. «Si è passati dalla cura al prendersi cura, questa è la rivoluzione – dice – non curiamo la malattia, ma la persona» in un luogo privilegiato come il domicilio, cercando di «dare un senso alla dignità della vita in ogni momento». Anche a livello nazionale servirebbe un midello virtuoso di collaborazione fra pubblico e priovato, come ha spiegato Giuseppe Milanese, preseidente OSA e Federsanitàconfcooperative «una macchina a cinque ruote: 1. regia nazionale; 2. regole legate ai processi di accreditamento; 3. costruire reti territoriali; 4. definizione dei ruoli tra pubblico e privato; 5. rigore nella misurazione dei processi e degli esiti».